Quattro ergastoli a rischio. Per un vizio procedurale potrebbe essere inferto un colpo di spugna a quattro condanne al carcere a vita inflitte in primo grado per un omicidio. Spada di Damocle che pende sul precedente giudizio per l’uccisione del trentottenne di Riesi, Salvatore Fiandaca che la mattina del 13 febbraio 2018 è stato assassinato a colpi d’arma da fuoco. Per la procura per questioni di droga. Anche se poi da intercettazioni in carcere sarebbe saltato fuori anche un ipotetico movente passionale.
Sulla lama del rasoio viaggerebbe il pronunciamento emesso un anno fa nei confronti Pino Bartoli di 38 anni, Giuseppe Antonio Santino «Lucignolo» di 23, Gaetano Di Martino «Tanu Cantalanotti», 38 anni e Michael Stephen Castorina di 31, tutti di Riesi (avvocati Giovanni Maggio, Michele Ambra, Salvatore Pappalardo e Angelo Asaro). Tutti condannati al «fine pena mai». Ma adesso il motivo per cui la sentenza a loro carico potrebbe essere messa in discussione è presto spiegato. Sì, perché l’Assise, a conclusione dell’istruzione dibattimentale, per l’assunzione di nuovi mezzi di prova ha disposto di sentire un sottufficiale dei carabinieri che poi, in realtà, non ha più deposto. E la Corte non ha mai revocato quell’ordinanza con cui ha deciso la sua testimonianza. Un aspetto chiave su cui ha catalizzato l’attenzione la difesa, in particolare l’avvocato Giovanni Maggio, nel chiedere la nullità del precedente verdetto. E l’Assise d’Appello, ora, s’è riservata. Scioglierà il nodo tra un paio di settimane.
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