«La tragedia di Aldo non ha insegnato nulla». È l’amara riflessione di «mamma coraggio», Anna Maria Ferrara, guardando alle recenti uccisioni di giovani nelle discoteche del Palermitano, lei che nove anni fa, con la sua famiglia, è stata devastata da una dramma immenso: la morte del figlio, il venticinquenne medico di San Cataldo, Aldo Naro, massacrato di botte e assassinato al «Goa» la notte di San Valentino del 2015.
«La situazione non è migliorata e ci addolora sentire quello che sta succedendo e ciò che è accaduto a questi due ragazzi - il riferimento è ai giovani uccisi in meno di un mese in locali notturni di via Calvi e Balestrate - e riviviamo, ogni volta, il nostro calvario, tutto ciò che è successo ad Aldo. Tutto questo ci addolora, anche perché non si sta facendo nulla», è la bruciante analisi di Anna Maria Ferrara che, con la grande compostezza che ha sempre contraddistinto lei e la sua famiglia, segnata da un lutto devastante, ha lanciato l’ennesimo grido d’allarme. Perché sia da monito e perché il desiderio è che la morte di suo figlio sia almeno seme di nuova speranza.
Ma il rammarico della sua famiglia è acuito dall’immobilismo di chi, hanno rimarcato a gran voce, non sta muovendo un dito. «A cominciare dagli organi preposti - ha osservato la madre di Aldo - che non stanno facendo nulla per tutelare i ragazzi che pagano per andare a divertirsi in discoteca, usufruendo di un servizio, e non vengono assistiti assolutamente, né dalla sicurezza interna, né dalle forze dell’ordine».
Poi, senza tanti giri di parole, ha toccato un nervo scoperto, «la mafia dei buttafuori abusivi… ci sono due processi imbastiti ,“Apocalisse” e “Octopus” - ha sottolineato - che hanno affrontato il tema di come la mafia controlli movida e buttafuori. E nella vicenda di Aldo c’entra chi la gestiva», riferendosi al figlio di un boss della Zen che avrebbe fatto affari con un gruppo di “gorilla” in nero. Aspetto, questo, su cui si sarebbe soffermato il collaborante del Borgo Vecchio, Francesco Chiarello. «Nel processo Apocalisse, il pentito Chiarello ha affermato chiaramente che nella vicenda di Aldo c’entra la mafia dei buttafuori… e noi, con i nostri avvocati - i legali Antonino e Salvatore Falzone - abbiamo pure presentato più istanze per sentire Chiarello, ma sono state ignorate, non c’è stato mai concesso… Aldo ha pure pagato di più per affittare un privé, per esser tutelato da chi potesse creare fastidi, e invece mio figlio è stato massacrato anche dai buttafuori e da quelli abusivi… Aldo ha subito tre pestaggi» ha aggiunto. «Tutta questa situazione - guardando sempre alla mafia della sicurezza nei locali - si deve chiarire, non si può ignorare tutto quello che è accaduto ad Aldo e questi due ragazzi», è l’esortazione di Anna Maria Ferrara. «Un giovane che esce da casa come si difende da tutto questo?» è il pesante interrogativo che ha lanciato. «All’interno di una discoteca ci sarà pure la sicurezza interna, penso che sia obbligatoria, come vengono selezione e istruite tutte queste persone e poi, soprattutto, controlli ve ne sono? Anche le forze dell’ordine, magari in borghese, potrebbero, a campione, vegliare sulle zone più a rischio, quelle più frequentate, quelle della movida... e non parlo della luna, ma di fatti reali… da nove anni combattiamo per questo», sono gli interrogativi e gli spunti sollevati dalla madre del giovane medico sancataldese pestato a morte.
«Sono stanca, così come mio marito e mia figlia… basta bugie, basta essere presi in giro… bisognerebbe andare a fondo a tutta questa situazione, bisogna capire i motivi reali, bisogna vedere cosa c’è dietro a tutto questo e c’è chi ne parla, solo che nel caso di Aldo non sono tenuti in considerazione, e noi lo abbiamo scritto e riscritto in procura tante volte ma vengono ignorate… è una mattanza, basta!», è il compostissimo sfogo di mamma coraggio che da nove anni chiede la verità.
Nella foto la famiglia di Aldo Naro prima della tragedia
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