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Caltanissetta, morta dopo la trasfusione: risarciti anche il genero e i nipoti

Il tribunale: «Hanno convissuto con lei, danneggiata la rete di affetti». L’avvocato dei familiari: «Sentenza innovatrice, destinata a fare scuola»

Il Palazzo di giustizia di Caltanissetta

Si allarga il fronte dei risarcimenti nei confronti di familiari delle vittime di patologie contratte dopo emotrasfusioni infette: il Tribunale di Caltanissetta ha riconosciuto il danno subito non solo al marito e alla figlia della vittima, anche al genero e ai nipoti.
La sentenza riguarda il caso di una donna che, dopo una trasfusione di sangue, nel 1973, ha contratto il virus dell’epatite C che, procurandole una cirrosi epatica, ne ha poi causato la morte. Il marito e la figlia, assistiti dall’avvocato Silvio Vignera, hanno ottenuto, per la perdita della congiunta, un risarcimento di oltre un milione di euro. Ma il Tribunale di Caltanissetta, accogliendo la tesi del danno subito anche dagli altri familiari avanzata dal legale, ha riconosciuto il diritto al risarcimento anche al genero e ai nipoti, determinandolo in 300mila euro.
Per l’avvocato Vignera, che li ha assistiti in giudizio, è una sentenza «innovatrice e storica, destinata a fare scuola.
«Il genero e i nipoti della donna deceduta - spiega il legale - hanno convissuto per diversi anni con lei, intrattenendo una fitta rete di affetti, di frequentazioni e di stabili relazioni».
Per questo, secondo l’avvocato Vignera, «il Tribunale di Caltanissetta si è correttamente posto nel solco del miglior principio recentemente reso dalla Corte di Cassazione secondo il quale il danno da «perdita del rapporto parentale è da riconoscere anche a genero, nuora e nipoti, non ai soli componenti della cosiddetta “famiglia nucleare”».

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