GELA (CALTANISSETTA). Il mare di Gela continua a restituire preziosi beni archeologici, storici e culturali, dopo averli custoditi per 2.700 anni.
Di fronte al litorale di contrada Bulala, a est della città, i sommozzatori del reparto operativo aeronavale della Guardia di finanza di Palermo, in collaborazione con la Sovrintendenza al mare, hanno proceduto al recupero di due elmi corinzi, un'ampolla massaliota (cioè dell'antica colonia greca di Marsiglia, in Francia), un'anfora arcaica e 47 lingotti di oricalco, il leggendario «metallo di Atlantide» costituito da una preziosa lega di rame e zinco.
Altri 39 lingotti erano stati recuperati nel dicembre 2014, frutto di una scoperta unica nel suo genere per l'intero Mediterraneo.
Il materiale risalirebbe al periodo tra il VII e il VI secolo avanti Cristo.
Adriana Fresina, della Sovrintendenza al mare ha definito l'area sottomarina di Bulala, con i suoi tre relitti di navi arcaiche, «una preziosa, inestimabile miniera di reperti archeologici».
«Dobbiamo impedire il saccheggio del nostro mare e tutelare il patrimonio storico e culturale che nella sua sabbia si conserva», ha detto il procuratore di Gela, Fernando Asaro, durante la conferenza stampa convocata per illustrare il ritrovamento e il sequestro del materiale recuperato.
«Ma noi possiamo solo fare prevenzione e repressione dei reati - ha aggiunto il magistrato - perchè il recupero, la tutela e la valorizzazione dei reperti spetta ad altri». Tutti hanno auspicato l'avvio di campagne di ricerca sulla base di progetti da tempo pronti ma mai finanziati. «Mancano le risorse finanziarie», ha lamentato Nicolò Bruno, della sovrintendenza al mare, che ha voluto ringraziare per le scoperte di Gela il sub Francesco Cassarino, e il Club Unesco che ha finanziato il restauro e l'esposizione dei reperti nonchè la permanenza degli esperti della stessa sovrintendenza.
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