GELA. «Un protocollo d’intesa che, fino ad oggi, si è caratterizzato solo per il mancato rispetto degli accordi assunti a Roma. La raffineria Eni rischia la chiusura nel silenzio generale». L’allarme viene lanciato dai segretari provinciali dei metalmeccanici di Fim e Uilm Angelo Sardella e Nicola Calabrese. Le aziende che più di tutte risentono del paventato passaggio alla fase di green refinery sono quelle che per decenni hanno operato nell’indotto dello stabilimento di contrada Piana del Signore. «Non si ha più la certezza di alzarsi al mattino – spiegano i due sindacalisti – e sapere che si andrà a lavorare. La cassa integrazione, compresa quella in deroga, sta per completare il suo corso e sono iniziati licenziamenti e mobilità in molte aziende. Tutto questo, nella quasi totale indifferenza dei soggetti chiamati a gestire l’accordo dello scorso 6 novembre firmato a Roma sui tavoli del ministero dello Sviluppo economico. Si va verso la chiusura di una raffineria che riusciva a resistere sul mercato nonostante le tante difficoltà provenienti dal territorio e le continue provocazioni di chi cercava solo di alzare il tiro pur di accreditarsi».
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