GELA. I lavoratori di cinque imprese che operano nell’indotto Eni sono tornati a protestate davanti ai tornelli di accesso alla fabbrica di contrada Piana del Signore. Per il terzo giorno consecutivo, ieri, hanno incrociato le braccia i metalmeccanici di Eurocoop, Eurotec e Cosime. Si sono uniti a loro anche i dieci strumentisti dell’azienda Elettroclima e Elettrosistemi per essere stati raggiunti da lettere di licenziamento.
Chiedono di essere riassorbiti e il rispetto del progetto sottoscritto al Ministero allo Sviluppo Economico (Mise) il 6 novembre scorso, che prevede il mantenimento occupazionale, e con un investimento da 2,2 miliardi di euro l’avvio di pozzi di estrazione di gas, on e off shore, oltre alla riconversione della fabbrica Eni nella più importante Green-Refinery della nazione il cui avvio è fissato per il 2017. I dieci strumentisti accusano i vertici della Elettroclima di non avere attesa nemmeno la pubblicazione del decreto di area di crisi complessa, ordinando i licenziamenti per tutti i lavoratori che hanno già usufruito anche della cassa integrazione in deroga.
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