«È incredibile come Musumeci, invece di spiegare i reali motivi della mia rimozione, mi citi in un contesto per me estraneo, considerato che non ho mai conosciuto, incontrato, neanche per caso, né mai sentito il tono della voce di Antonello Montante, persona, ripeto, che non ho mai conosciuto e del quale ho commentato favorevolmente, con un apposito comunicato stampa del 10 maggio 2019, la sentenza di condanna». Lo dice Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi, scampato a maggio del 2016 ad un agguato mafioso, sulle dichiarazioni del ministro Nello Musumeci, rese da testimone a Caltanissetta, nell'aula del processo al cosiddetto Sistema Montante.
«Dov'era Musumeci - continua Antoci - quando, ancora dopo l’attentato, in questi ultimi mesi la mafia dal 41 bis mi continuava a condannare a morte? Dov'era Musumeci, quando venivo urgentemente spostato dall’Hotel di Bologna per il ritrovamento di bossoli davanti alla porta? Tutta la politica italiana e tutti i partiti mi sono stati vicino. Anche i suoi colleghi di partito - ancora Antoci -, da La Russa in poi, mi hanno manifestato grande vicinanza e solidarietà. Ma sempre gli altri esponenti politici, di lui neanche traccia, casualmente; di lui si ricorda solo la mia rimozione che è stata commentata nei modi che conosciamo in Italia e all’estero. Spieghi le reali motivazioni di tanto astio nei miei confronti. Io non ho mai fatto parte di nessun “cerchio magico”, vivo una vita complicata con l’odio addosso delle famiglie mafiose alle quali abbiamo tolto, con i fatti e non con le chiacchiere, milioni di euro. L’ho fatto dieci anni fa da presidente di un ente regionale trovato al collasso. Ciò mi è stato riconosciuto in Italia e all’estero. Evidentemente, così come da presidente della Regione Siciliana anche da ministro, Musumeci continua a rimanere, nella migliore delle ipotesi, disattento».
Antoci prosegue così: «Musumeci dichiara che io sarei stato rimosso solo per attuare lo spoil system e che riteneva giusto che io fossi trattato come gli altri. Con la sola differenza che, mentre accadeva ciò, io avevo perso la libertà mia e della mia famiglia e ancora oggi vengo minacciato di morte dalle famiglie mafiose. Se Musumeci - conclude Antoci - pensa di iniziare la sua campagna elettorale attaccando me, sappia che io non indietreggerò di un passo soprattutto per tutelare la mia dignità. A tal riguardo ho già dato mandato ai miei avvocati per porre in essere eventuali azioni legali. Non si può giocare con la vita delle persone perbene».
Sulla vicenda interviene anche il coordinatore regionale del M5S, Nuccio Di Paola. «Evidentemente - dichiara Di Paola - lo sport preferito di Musumeci è quello di parlare a sproposito. Lo ha fatto spesso da presidente della Regione, lo ha fatto da ministro, continua a farlo ora da teste nel corso processo Montante, screditando un uomo, come Antoci, la cui dirittura morale è testimoniata dai fatti. E si tratta di fatti che l’ex presidente del Parco dei Nebrodi ha scontato sulla sua pelle per stare dalla parte della legalità». Secondo Di Paola, «Musumeci dovrebbe solo ringraziare Antoci per il suo protocollo della legalità, diventato legge dello Stato, che ha contribuito ad assestare pesanti colpi contro la cosiddetta mafia dei pascoli».
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