«Quando ieri ho appreso la notizia della risoluzione del caso di Chico Forti, con il suo rientro in Italia, mi si è aperto il cuore e ho avvertito un senso di felicità. Ritengo che l’Italia, che è un grande Paese, debba anche pensare ai tanti connazionali rinchiusi nelle carceri di altre nazioni e detenuti in condizioni difficili e spesso disumane, come sta capitando a mio figlio Filippo». Lo dice Ornella Matraxia, madre di Filippo Mosca, 29 anni, di Caltanissetta, recluso da circa nove mesi nel carcere di Porta Alba, a Costanza, in Romania, dopo una condanna in primo grado a 8 anni e 6 mesi per traffico internazionale di sostanze stupefacenti, commentando con l’ANSA il trasferimento di Chico Forti dagli Stati Uniti in un carcere italiano per finire di scontare la sua pena.
«Sebbene i casi giudiziari siano profondamente diversi - sottolinea Ornella - c’è tutto un carico di sentimenti, emozioni, difficoltà oggettive e problematiche che unisce indissolubilmente chi affronta condizioni detentive e casi giudiziari all’estero. L’empatia con Chico Forti, ma anche con Ilaria Salis e le loro famiglie - prosegue la madre di Mosca - si è amplificata ed ogni loro successo, ogni piccolo passo avanti mi riempiono di gioia e riaccendono la speranza che il governo italiano si attivi anche per mio figlio, affinché he le nostre battaglie, le richieste di aiuto, le urla di dolore non rimangano inascoltate».
«Io do voce a mio figlio che in questo momento voce non ne ha - sottolinea Ornella - sono disperata della sua disperazione e le mie battaglie sono quelle che Filippo combatterebbe per la sua innocenza che ha professato fin dal primo momento del suo arresto». Ornella Matraxia ha denunciato nelle scorse settimane il trattamento che suo figlio ha subito nel carcere di Costanza. “Ci è stato impedito di fargli avere persino una coperta. Da nove mesi viviamo nell’angoscia quotidiana - aggiunge - ma abbiamo fiducia nel governo e nella diplomazia italiani, molto meno nella giustizia romena che si è dimostrata superficiale e approssimativa. Purtroppo, tanti italiani detenuti all’estero sono dimenticati, noi continueremo a tenere accesi i riflettori sul caso di mio figlio accusato di un reato che non ha mai commesso».
Nei giorni scorsi, i giudici romeni hanno respinto la richiesta di arresti domiciliari. Il prossimo 7 marzo è previsto l’inizio del processo d’appello ed al tribunale di Costanza saranno presenti la madre di Filippo Mosca e anche una delegazione dell’associazione ‘Prigionieri del Silenziò, guidata da Katia Anedda.
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