GELA. Hanno trascorso la notte all’addiaccio i lavoratori dell’indotto della Raffineria di Gela che da ieri protestano contro la mancata riconversione della fabbrica, ferma oramai da un anno.
Da ieri sono stati anche rafforzati i presidi e continuano a rimanere bloccate le principali vie d’accesso alla città, in entrata e uscita. Oggi, l’intera città aderirà allo sciopero nazionale del comparto chimico.
La protesta è esplosa ieri nel cuore della notte e proseguirà con la fermata dei pozzi petroliferi e la riduzione immediata del gasdotto libico "Greenstream" e lo stop all'impianto di imbottigliamento in bombole del gas da cucina.
Proteste sono in programma nei presidi sparsi in diversi punti della città. I commercianti, gli artigiani, le imprese hanno esposto un cartello provocatorio: "Vendesi - Vertenza Gela". Si chiede al governo di intervenire perché la vertenza Gela è tutt’altro che risolta.
Fallito, ieri, il tentativo del prefetto di Caltanissetta, Maria Teresa Cucinotta, di riportare la "vertenza Gela" sul piano del dialogo con le istituzioni, chiedendo ai sindacati la rimozione dei blocchi stradali, le segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil guardano con attenzione, ma anche con scetticismo, al tavolo di lavoro convocato per le 16 di domani, a Palermo, dal governatore della Sicilia Rosario Crocetta per affrontare la questione dell'impianto Eni.
Ma ancor prima del confronto palermitano, i sindacati intendono incontrare il presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, che domani dovrebbe essere a Gela per partecipare all'inaugurazione della nuova sede del comitato antiracket e antiusura "Gaetano Giordano". A Bindi sarà consegnata una lettera per il premier Renzi, "il quale - dicono i dirigenti sindacali - aveva annunciato per Gela la nascita di un polo industriale verde, che non abbiamo mai visto mentre quello della vecchia chimica che, seppur precario, c'era è stato cancellato".
Al presidente del consiglio si chiede di accelerare la firma dell'accordo di programma per facilitare la riconversione green della raffineria e la spesa degli annunciati finanziamenti Eni per 2,2 miliardi in Sicilia, avviare gli interventi di bonifica del territorio e consentire gli insediamenti produttivi di aziende private nelle aree dismesse del petrolchimico. L'urgenza delle risposte è dettata dalla crisi occupazionale che vede mille dipendenti dell'indotto rischiare il posto di lavoro, dopo che alcune decine di lavoratori sono stati già licenziati.
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