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L'Opera Pia ceduta a prezzi stracciati: ecco l'inchiesta che a Gela ha portato un prete agli arresti

Un sacerdote, un ex direttore generale del Comune di Gela e due consiglieri comunali di Fratelli d’Italia avrebbero gestito l’Ipab «Antonietta Aldisio», in maniera allegra, come se fosse stata una «cosa» di loro proprietà.

Il prete, don Giovanni Tandurella, parroco della cattedrale di Piazza Armerina, finito agli arresti domiciliari, avrebbe svenduto la struttura ad una società privata. Don Tandurella, in qualità di legale rappresentante dell’Ipab, senza osservare le procedure previste dalla normativa in materia di appalti pubblici, avrebbe ceduto l’Ipab in locazione alla società «La Fenice», a un canone inferiore a quello di mercato, ottenendo in cambio favori di varia natura, soprattutto somme di denaro versate ad un suo congiunto.

Uno dei due consiglieri comunali, Totò Scerrà, secondo l’accusa, in cambio della promessa di un posto di lavoro, avrebbe fatto da intermediario e avrebbe cercato di eludere le indagini degli inquirenti. Sandra Bennici, anche lei consigliere comunale avrebbe gestito la struttura. mentre Renato Mauro era a capo della società che ha stipulato l’accordo. Per i due consiglieri comunali e per l’ex dirigente del Comune di Gela è scattato il divieto di esercitare per un anno uffici direttivi in imprese o società, oltre all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

È stata la procura di Gela, diretta da Fernando Asaro, a sentire puzza di bruciato dopo le denunce, una quindicina, presentate dai familiari di alcuni anziani. Le condizioni di vita dei pazienti erano peggiorate, mentre le rette erano aumentate. L’indagine, denominata «Avaritia», è partita nel 2020 ed è stata condotta dai carabinieri di Gela. Alla base dell’inchiesta ci sarebbe stato un presunto giro di soldi, promesse di assunzioni e appoggi elettorali.

Tra le parti era stato stipulato un contratto di cessione, ma tutto è durato ben poco perché nel dicembre del 2019 la Regione ha inviato un commissario straordinario, Giuseppe Lucisano, che ha immediatamente riscontrato delle irregolarità sulla gestione della struttura. Il prete avrebbe utilizzato i soldi per acquistare un appartamento a Gela ed effettuare dei lavori edili nella chiesa Santa Maria di Betlemme, sempre a Gela, dove era parroco. Don Tandurella avrebbe anche fruito di una cospicua donazione di denaro effettuata da un’anziana benestante, che avrebbe trasferito la sua residenza nell’Ipab e ricevuto la promessa che le donazioni del 5 per mille sarebbero state dirottate in una sua onlus.

L’appartamento, stimato in 75 mila euro, e conti correnti riferibili al sacerdote sono stati sequestrati. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del tribunale Roberto Riggio ed eseguiti dai carabinieri. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, circonvenzione d’incapace, truffa, appropriazione indebita e riciclaggio. Ieri i carabinieri hanno sequestrato anche alcuni documenti al Comune nell’ambito di un’inchiesta che potrebbe allargarsi. La diocesi di Piazza Armerina ieri ha diffuso un comunicato con il quale «esprime la massima fiducia nell’operato della magistratura, auspicando che al più presto venga fatta chiarezza sui fatti avvenuti nelle sedi opportune».

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