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Processo Via D'Amelio, in aula il racconto delle torture a Scarantino

Vincenzo Scarantino

«La moglie di Vincenzo Scarantino raccontò che lui era un uomo robusto di oltre 100 chili, quando lo vide a Venezia era già ridotto alla metà, a Pianosa è ormai in condizioni terribili. Perché Scarantino, è lui stesso a raccontarlo alla moglie Rosalia Basile, in carcere è vittima di pressioni psicologiche e minacce. E chi sono gli autori? Scarantino aveva raccontato alla moglie che aveva incontrato a Pianosa Arnaldo La Barbera. Scarantino veniva minacciato di morte, gli veniva detto che gli facevano fare la fine di un ragazzo che era morto in carcere. Erano loro i poliziotti di La Barbera». Lo ha detto nel corso della requisitoria del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio il pm Stefano Luciani.

Secondo l’accusa gli imputati del processo, i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo avrebbero indotto il falso pentito Vincenzo Scarantino a dichiarare il falso, mediante minacce, pressioni psicologiche e maltrattamenti. I tre sono accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa Nostra.

«La moglie - continua Luciani - disse a verbale che Scarantino le diceva: “Non mi lasciano in pace sono sempre qua”. La donna riferiva sempre esattamente quello che le diceva il marito. Scarantino veniva malmenato, gli mettevano i vermi nella minestra, gli hanno instillato il dubbio di essere affetto da Hiv. Lo facevano spogliare nudo, gli dicevano che lo volevano impiccare. “Mio marito - ha detto Luciani, leggendo in aula le dichiarazioni rese da Rosalia Basile - mi diceva che gli avevano iniettato il siero dell’Aids, sapendo che era geloso, gli instillavano il dubbio che io avessi l’amante”. Sono esattamente le stesse cose - ha continuato Luciani - che ha ripetuto 21 anni dopo davanti a questo tribunale. E ancora la moglie riferiva: “Io so che questo Arnaldo La Barbera non lo lasciava in pace, capendo che era un soggetto fragile. Lui mi ha sempre detto che non c'entrava nulla con la strage ma che gli avevano promesso la libertà e denaro”».

Il pm Stefano Luciani racconta inoltre: «Scarantino alla moglie diceva: “Mi hanno spogliato nudo e mi colpivano i genitali con la paletta, mi dicevano di guardare a terra e mi colpivano se guardavo a terra, mi buttavano l’acqua gelata mentre dormivo nella cella”. Tutto questo dietro la promessa: ti facciamo uscire da qui e ti diamo 200 milioni di lire. Scarantino lo raccontava alla moglie Rosalia Basile ed è un cliché che si ripete con Salvatore Candura, al quale vengono fatte le stesse promesse e le stesse pressioni psicologiche. Alla fine Scarantino sotto il peso delle pressioni cede e si accolla le accuse: cioè il furto della Fiat 126 utilizzata come autobomba per la strage. Scarantino ha poi detto: “Ho recitato un copione esattamente come mi era stato detto di fare da Arnaldo La Barbera e dal poliziotto Mario Bo”».

 

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