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Aiutò un ragazzo nisseno a suicidarsi: minorenne condannato con pena sospesa e scarcerato

Lo striscione degli amici per Mirko Antonio La Mendola

Il tribunale dei minori di Palermo ha condannato a 2 anni, 2 mesi e 20 giorni il minorenne di Caltanissetta accusato di avere aiutato a suicidarsi il ventiseienne nisseno Mirko La Mendola, morto il 25 agosto dello scorso anno sulla spiaggia di Punta Grande, tra Porto Empedocle e Realmonte, dopo essersi sparato alla testa. Il diciassettenne (difeso dagli avvocati Calogero Buscarino e Gaetano Giunta) era sotto processo per istigazione al suicidio. I familiari della vittima erano assistiti dall’avvocato Rosario Didato.

Mirko Antonio La Mendola

I giudici hanno riconosciuto la sospensione condizionale della pena e disposto la scarcerazione dell’imputato, che era detenuto all’Istituto penale minorile di Palermo dall’ottobre scorso. La Procura dei minori di Palermo aveva chiesto la condanna a 6 anni, mentre gli avvocati difensori Calogero Buscarino e Gaetano Giunta avevano insistito per l’assoluzione. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori La Mendola avrebbe deciso di togliersi la vita dopo avere fallito al concorso per l’ammissione in polizia. Il minorenne, sempre secondo l’accusa, aveva aiutato l’amico a mettere in atto il suo proposito e ciò emergerebbe da alcuni messaggi scambiati tra i due. La famiglia, tramite il proprio legale, l’avvocato Rosario Didato, aveva fatto eseguire delle indagini difensive che hanno contribuito a ricostruire il quadro accusatorio.

Il ragazzo condannato era con Mirko nel momento in cui l’amico si è tolto la vita. Per l’accusa è stato al suo fianco fino a quando, premendo il grilletto, Mirko La Mendola avrebbe chiuso il suo conto con la vita per sempre. I pm del tribunale per i minori di Palermo, Paoletta Caltabellotta e Francesco Grassi, avevano chiesto la pena a nove anni di carcere, ridotta a sei anni perché minorenne. Tra le pieghe della requisitoria alcuni passaggi avrebbero lambito l’eventualità di una sorta di omicidio del consenziente, chiedendo così una pena più severa possibile anche se per l’imputazione per cui il ragazzo è finito in giudizio, ossia istigazione al suicidio. La difesa, in un’arringa fiume (quattro ore e più), aveva chiesto un verdetto di non colpevolezza, asserendo la tesi che, semmai, il ragazzo non era riuscito a dissuadere l’amico. Alla fine il tribunale per i minorenni di Palermo presieduto da Valeria Ciccarello (a latere Elisa Benenati, giudici onorari Dario Di Cristina e Valentina Vegna) lo ha ritenuto colpevole,.

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