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Il trentunenne di San Cataldo morto ustionato per il barbecue, 8 indagati

Alessandro Tomasella

Otto persone sono indagate per omicidio colposo per la morte di Alessandro Tomasella, 31 anni, di San Cataldo, morto il 31 ottobre scorso in ospedale a seguito delle gravi ustioni riportate mentre faceva un barbecue con gli amici. Gli indagati sono due medici del pronto soccorso dell’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta, i sanitari del 118 (due medici, un infermiere e l’autista soccorritore dell’ambulanza che ha eseguito il trasporto all’ospedale Cannizzaro di Catania) e una delle due persone che si trovava in compagnia del giovane quando si è verificato l’incidente.

Domani pomeriggio, su disposizione del pm del Tribunale di Catania Alessandra Russo, sarà eseguita l’autopsia all’ospedale Cannizzaro dove tutt’ora si trova la salma del trentunenne. A sporgere denuncia sono stati i familiari del giovane deceduto - assistiti dagli avvocati Gianluca Amico ed Enzo Ricotta - secondo i quali non sarebbe stata prestata la corretta assistenza al paziente. Il giovane, dopo essersi ustionato al volto, al tronco e alle braccia, mentre accendeva un barbecue, era stato trasportato in macchina al pronto soccorso da due amici che si trovavano con lui. A provocare le ustioni sarebbe stata una fiamma di ritorno scatenata dall’uso della benzina per alimentare il fuoco. Una volta ricevuta la prima assistenza, vista la gravità delle ustioni, fu disposto il trasferimento al centro grandi ustioni dell’ospedale Cannizzaro di Catania. Il paziente però morì pochi minuti dopo il suo arrivo per un arresto cardiaco. I familiari chiedono di sapere perché il figlio fu trasferito in ambulanza e non in elisoccorso e se l’assistenza prestata fu idonea. Pare che nel momento in cui il giovane fu trasferito l’elisoccorso fosse già impegnato in un altro intervento e che al ritorno del velivolo sarebbe comunque stato necessario il tempo tecnico per rialzarsi in volo e per questo sarebbe stato deciso di effettuare il trasferimento in ambulanza. Gli indagati sono difesi dagli avvocati Ennio Sagone, Giuseppe Dacquì, Massimiliano Bellini e Gaetano Maria Lisi.

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