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Processo Borsellino a Caltanissetta, pentito rivela: «La Barbera era vicino a Cosa Nostra»

Onorato: «Volevamo ucciderlo, poi Riina ci ripensò»

Arnaldo La Barbera

Continuano i colpi di scena al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio. A quasi trent’anni dalle sue prime rivelazioni, il pentito Francesco Onorato, teste al dibattimento d’appello, parla di rapporti tra l’ex capo della squadra Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera e Cosa nostra. Una dichiarazione mai fatta prima dal collaboratore di giustizia, comparso oggi davanti ai giudici della corte d’appello di Caltanissetta che processano, per calunnia, tre poliziotti che proprio con La Barbera lavorarono alle indagini sull’attentato costato la vita a Paolo Borsellino.

Nella ricostruzione accusatoria gli imputati, imbeccando piccoli criminali come Vincenzo Scarantino, costruirono a tavolino una falsa verità sull’eccidio di via D’Amelio. Dietro il depistaggio ci sarebbe stata la regia di La Barbera, nel frattempo morto. L’inquinamento dell’inchiesta portò all’incriminazione e alla condanna all’ergastolo di sette innocenti. Solo le rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza consentirono di riscrivere la verità sulla strage.
Oggi le nuove rivelazioni. «C’era un rapporto di vicinanza tra il dottore Arnaldo La Barbera e alcuni esponenti di Cosa Nostra. - ha detto Onorato - La prima volta che ho sentito il suo nome fu dopo una rapina a Palermo, nei primi anni ‘90, quando aveva sparato a un rapinatore della zona di Acquasanta uccidendolo. Siccome nelle regole di Cosa Nostra quelli che potevano sparare erano solo loro, Salvatore Biondino, con cui avevo buoni rapporti, mi aveva comunicato che bisognava uccidere La Barbera». «Per le regole di Cosa nostra un poliziotto - ha continuato Onorato, rispondendo alle domande del pm Maurizio Bonaccorso - non poteva permettersi di ammazzare una persona. Biondino mi disse anche però che Riina e i Madonia tenevano a questo La Barbera e allora avevano archiviato questa cosa e non se n’è fatto più nulla».

Dichiarazioni che cozzano però con quanto accadde dopo e che lo stesso Onorato riferisce. Biondino a un certo puntò tornò al progetto di assassinare il poliziotto. «Allora - spiega - io cominciai a studiarne abitudini e movimenti e per fare questo mi recai all’hotel Perla del Golfo, a Cinisi. Mentre mi trovavo lì, che studiavo dalla piscina i movimenti di La Barbera, è saltato in aria il dottore Borsellino».
Il nome di La Barbera, che ha anche un passato di agente dei Servizi, recentemente è emerso nelle indagini sulla agenda rossa di Borsellino sparita dal luogo della strage. Secondo un testimone, il diario in cui il giudice appuntava i sui pensieri sarebbe stato nelle sue mani per anni. La Procura di Caltanissetta sta indagando sulla vicenda e ha delegato una serie di perquisizioni che non hanno, però, dato alcun esito.

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