Arnaldo La Barbera, poliziotto a capo del gruppo di indagine Falcone Borsellino, avrebbe versato moltissimi soldi sul suo conto corrente negli anni che vanno dal ‘90 al ‘92.
Soldi che non sarebbe stato possibile guadagnare con il suo stipendio di funzionario di polizia.
È quanto ha riferito il procuratore generale Maurizio Bonaccorso nel corso dell’udienza sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio che si celebra in Appello a Caltanissetta. Il procuratore generale ha annunciato il deposito di nuovi atti e documentazione.
La perquisizione a casa dell'ex moglie
«Si tratta in particolare - ha detto Bonaccorso - di documentazione bancaria rinvenuta il 18 settembre 2023, il giorno in cui è stata eseguita la perquisizione nell’abitazione della signora Valentini, ex moglie di Arnaldo La Barbera. Documentazione che riguarda gli anni ‘90, ‘91 e ‘92. Si tratta di estratti conto e matrici di assegni. Sembrerà strano - ha aggiunto il procuratore generale - ma non è stato possibile attraverso la polizia di stato accertare quale fosse il reddito percepito da La Barbera dal ‘90 al ‘92. Abbiamo i dati sul reddito solo a partire del ‘93. Da quello che è emerso il tenore di vita del dottore La Barbera era molto superiore a quello che è il tenore di vita di un famiglia media italiana ma a quell’epoca La Barbera era l’unico a percepire un reddito nella sua famiglia. Ebbene sono stati accertati dei versamenti di contante. Nel ‘90 un versamento di 8 milioni delle vecchie lire, nel ‘91 uno di 8 milioni e uno di oltre 10 milioni.
L’anomalia si comincia a registrare nel ‘92. A marzo 5 milioni, ad aprile 12 milioni, a maggio 3 milioni, a luglio 11 milioni, ad agosto 15 milioni, a settembre 5,4 milioni, a novembre 5 milioni, a dicembre 11 milioni.
Dati allarmanti perché, a fronte di un reddito sui 4 milioni, ci sono dei versamenti nel ‘92 che non appaiono giustificati soprattutto nelle modalità, che sono alquanto sospette. L’analisi fatta dalla Gdf evidenzia per questo periodo una sperequazione, rispetto al reddito, di 97 milioni delle vecchie lire. Che all’epoca era sicuramente una cifra non indifferente».
Gli atti sull'omicidio Agostino, quell'informativa di La Barbera sul delitto passionale
Tra gli atti che il procuratore generale Maurizio Bonaccorso ha depositato oggi nel corso del processo sul depistaggio della strage di Via D’Amelio che si celebra in appello a Caltanissetta, figura anche un rapporto giudiziario sull’omicidio Agostino.
Si tratta di un’informativa del 27 settembre dell’89, un atto sottoscritto dall’allora capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera, in cui le indagini vengono indirizzate sulla pista passionale, legata a una relazione interrotta, nonostante le modalità dell’omicidio che facevano pensare a una modalità mafiosa.
«Allego anche - ha detto il Pg - due relazioni, di cui una più importante, in cui un agente di polizia aveva saputo che Agostino si stava occupando della caccia a un latitante. Depositiamo anche una sentenza di condanna nei confronti di Nino Madonia proprio sull’omicidio di Agostino».
Il poliziotto Nino Agostino e sua moglie Ida Castelluccio furono uccisi il 5 agosto 1989 in una villetta sul lungomare di Villagrazia di Carini. Nel processo sono indagati tre poliziotti, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, che facevano parte del gruppo di indagine Falcone-Borsellino con a capo Arnaldo La Barbera.
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