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Caltanissetta, divieto di incontrare il figlio e braccialetto elettronico per la donna che denunciò il marito

La decisione del giudice dopo alcune perizie. La coppia è in fase di separazione e si fa la «guerra». Del loro caso si era occupata anche l'ex parlamentare Cinzia Leone

Il Palazzo di giustizia di Caltanissetta
Il Palazzo di giustizia di Caltanissetta

Il gip di Caltanissetta, su richiesta del pm, ha disposto il divieto di incontrare il proprio figlio di 8 anni e l’applicazione del braccialetto elettronico a una donna che ha più volte denunciato il marito per maltrattamenti, anche nei confronti del figlio, affidando il minore al padre. La donna e il marito, padre del bambino, sono in fase di separazione e si fanno la «guerra» in sede penale e civile anche utilizzando il figlio, scrive il giudice secondo cui «il mantenimento della relazione tra il bambino e i suoi genitori appare di fatto pregiudizievole per lui». Il gip nel proprio provvedimento cita più volte la relazione del perito medico.

Secondo una denuncia della donna qualche settimana fa il marito aveva dato un pugno nell’occhio al bambino che era stato portato al pronto soccorso. La donna, originaria di Enna ma residente a Caltanisetta, che da una decina di giorni è ospitata in una casa ad indirizzo protetto insieme al figlio, aveva denunciato il marito per averla picchiata anche durante la chemioterapia. La donna ha presentato 8 denunce nei confronti dell’uomo, che l’avrebbe maltrattata per 16 anni. Il bimbo da due giorni frequentava una nuova scuola prima di essere prelevato dai carabinieri e riconsegnato al padre. Il giudice civile aveva emesso qualche giorno fa un provvedimento che sospendeva il diritto di visita del padre al figlio.

L’ex parlamentare presidente della commissione nazionale contro i femminicidi, Cinzia Leone, dice: «Un partner maltrattante è anche un padre maltrattante. Non si tratta di conflitto genitoriale, ma di violenza fisica, psicologica, domestica e istituzionale. Nei casi affrontati nella commissione d’inchiesta sul femminicidio e nelle indagini sulla violenza istituzionale, ho visto come questa realtà venga spesso minimizzata o nascosta. L’interesse preminente del minore dovrebbe essere al centro, ma è ignorato. I bambini, esposti a traumi continui, diventano vittime invisibili, mentre le istituzioni, anziché intervenire con fermezza, si muovono in un’opacità che va dalle dinamiche locali alla mancanza di etica a livello istituzionale. La violenza non si ferma alla donna che denuncia: si estende ai figli e, senza un’azione chiara, perpetua un ciclo di abusi che resta impunito. Non è una questione privata, ma un fallimento sociale e istituzionale».

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