GELA. «Per tamponare l'emergenza occupazionale, in questa fase transitoria di crisi, si impieghino i lavoratori dell'indotto della raffineria di Gela nelle realtà che l'Eni gestisce all'estero, come Nigeria, Congo, Iraq, ecc.». La proposta è stata avanzata dai sindacati provinciali Cgil, Cisl e Uil di Caltanissetta «per consentire ai tanti lavoratori in mobilità o cassa integrazione (con gli ammortizzatori sociali per lo più in scadenza) di essere impiegati con un reddito adeguato nei tanti progetti che Eni svolge all'estero nella ricerca, estrazione e raffinazione di idrocarburi».
A Gela duemila lavoratori sono fermi da anni mentre gli ammortizzatori sociali stanno per scadere definitivamente, in attesa dell'avvio degli investimenti per la riconversione della raffineria. Al prefetto di Caltanissetta le stesse organizzazioni sindacali chiedono che si faccia promotore dell'apertura di un apposito confronto con Eni, Confindustria e Legacoop, mentre sollecitano l'ente petrolifero di Stato a consentire la partecipazione delle aziende dell'indotto di Gela, che ne faranno richiesta, all'assegnazione degli appalti nelle sedi che gestisce all'estero.
«Il lavoro all'estero - concludono Cgil, Cisl e Uil - è una prospettiva temporanea per tamponare le difficoltà che stanno attraversando migliaia di lavoratori con le rispettive famiglie, in attesa che si avviino i lavori della »piattaforma K« e la riconversione della raffineria di Gela in green raffineria».
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