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Omicidio di mafia sul sagrato della chiesa: blitz con tre arresti a Gela

L'omicidio di Domenico Sequino

Blitz a Gela contro il clan Emmanuello: tre persone, ritenute vicine al clan mafioso sono state arrestate dai carabinieri perchè accusate dell'omicidio di Domenico Sequino, tassista di 56 anni ucciso con colpi di pistola nel dicembre 2015 sul sagrato della chiesa madre di Gela.

I carabinieri a Gela, Palermo e Prato hanno notificato le ordinanze di custodia cautelare a Nicola Liardo, gelese, 45 anni, al figlio Giuseppe, gelese di 22 anni, (entrambi già in carcere) e Salvatore Raniolo, 29 anni, gelese, genero di Nicola e cognato di Giuseppe, (che era ai domiciliari) accusati di omicidio aggravato. La vittima, il tassista Domenico Sequino, era ritenuto collegato al clan mafioso dei Rinzivillo e arrestato nel 2006 per associazione mafiosa, nell'ambito dell'operazione denominata "Tagli pregiati".

Al delitto avrebbe partecipato una quarta persona non ancora identificata. I Liardo sarebbero i mandanti. Determinanti per l'inchiesta - dicono i carabinieri - sono stati gli esiti delle indagini - anche attraverso attività d'intercettazione - nei confronti del gruppo riconducibile a Liardo, che traffica in stupefacenti, nell'ambito dell'operazione denominata "Donne d'onore".

Secondo l'indagine Nicola Liardo, all'epoca dell'omicidio detenuto, era alla ricerca di denaro necessario a far fronte alle esigenze di vita della propria famiglia e ad avviare il traffico di droga che stava organizzando insieme al figlio Giuseppe, al genero, alla moglie e alla figlia, attraverso l'acquisto di stupefacente da fornitori catanesi. L'uomo voleva rientrare in possesso del denaro che qualche tempo prima avevano consegnato a Sequino affinché lo riciclasse con operazioni bancarie e iniziative imprenditoriali portate avanti in Lombardia da membri della famiglia mafiosa Rinzivillo. Inoltre le indagini hanno accertato che Sequino si era intromesso negli affari dei Liardo prendendo le difese, nel corso di una discussione con Giuseppe, di un imprenditore gelese, vittima di estorsione. Le indagini, dicono gli inquirenti, hanno accertato che il capofamiglia, mentre era detenuto, ha ideato l'omicidio col figlio Giuseppe, nel corso dei colloqui in carcere.

Sequino, era finito nei guai, nel 2006, quando fu incriminato nell’inchiesta della Dia di Roma “Cobra” ma poi venne assolto. Nel dicembre dello stesso anno, fu coinvolto nel maxi blitz antimafia “Tagli pregiati” che coinvolse 88 presunti affiliati al clan Rinzivillo. Patteggiò la pena e venne condannato per associazione mafiosa a due anni di reclusione. Secondo i carabinieri, negli anni successivi, si sarebbe avvicinato ad Emanuele Palazzo, affiliato alla Stidda.

"Sequino era già stato condannato per estorsione aggravata e aveva rapporti con il Clan Rinzivillo. L'ipotesi è che Sequino sia stato ucciso poiché aveva avuto in prestito da Liardo 60 mila euro mai restituiti. L'altra ipotesi è che Domenico Sequino si fosse frapposto in un caso di estorsione". Lo ha detto in conferenza stampa il comandante provinciale dei carabinieri a Caltanissetta, col. Baldassare Daidone, spiegando i retroscena dell'omicidio Sequino. "Fu deciso che l'omicidio doveva essere fatto dalla famiglia e in maniera plateale, nella piazza piena di addobbi natalizi, dove tutti vedevano - ha aggiunto - Una dimostrazione del senso di forza che questo clan aveva a Gela. C'è un commento interessante in cui Liardo redarguisce il figlio dicendo che queste cose non si fanno mai alle spalle ma in faccia".

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